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RACCONTO: Ma è già notte

date » 16-10-2016 21:42

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Quando arriva il giorno, finalmente, lascio entrare la luce. Alzo le persiane poco per volta, assecondando il percorso del sole e me ne sto qui seduto al pianoforte, a osservare i raggi che inondano il pavimento. E’ uno stillicidio, lento e crudele, ma necessario, le ombre mi lasciano e io espongo il mio corpo. Fino a quando sarà chiaro, le mie difese saranno a terra, pronte per essere calpestate. Il mondo mi vedrà, ed espierò le mie colpe. Una musica flebile si farà strada con coraggio, le mie dita si coloreranno di nuova linfa.

Poi, di nuovo, arriverà la notte, e lascerò entrare il buio. Dalle finestre, come un balsamo salvifico che cura. La musica si farà più grossa e le mie mani scorreranno impavide sulla tastiera, senza sosta e senza fiato, sfinite. Rialzerò il capo, incurante di chi mi potrà vedere e giudicare. Ci si vergogna delle proprie azioni, quand’è giorno, ma è la notte quella che ci rende ancora pronti, e rinforza le nostre malignità.

Io le coltivo, perchè è dalle brutture che nascono le bellezze. Mi nutro di questo pensiero, sperando notte dopo notte che il mio animo si faccia sempre più cupo, per vederlo poi, giorno dopo giorno, tornare a essere sempre più luminoso. Anche la musica che produco cambia, questa stanza vuota ne è testimone. Disadorna o ricca. Insolente o guardinga. Pare provenire da luoghi diversi, dentro di me. Anfratti senza eco, angoli che rimbombano. Intanto, penso al modo in cui ho trattato la donna incontrata e raccolta per strada qualche ora fa, ai suoi occhi che imploravano di capire e a tutto quello che le è passato per la testa mentre la insultavo e la cacciavo, allontanandola dopo essermi preso ciò di cui avevo bisogno; ma era notte, la luce mi aveva lasciato, e io non potevo non farlo.

Avrei voluto incontrarla di giorno, quando le tenebre non mi fanno paura e il mio spirito si illumina, lasciando uscire solo il bello che tiene nascosto. Come una musica, ciò che mi abita in fondo al cuore, ma che non so vedere; come queste mani, che indomite non si fermano nella loro ricerca della perfezione. Le avrei accarezzato il viso e l’avrei tenuta al riparo dalle ombre, sempre. Le avrei detto parole che non avevano il sapore della malvagità, e il suo sorriso grato sarebbe stato la mia ricompensa.

Ma l’ho incontrata di sera, quando la mia parte più timida e bella era sopraffatta dall’oscurità. Non lo so perchè lascio che il buio si impossessi di me, so solo che non ho scampo, che mi seduce e mi porta lontano da tutto, anche dalla mia anima. Non sono io quello, ma mi mostro senza pudore e semino cattiveria. Della quale mi vergogno, poi, di giorno, quando lascio che la luce entri da queste finestre e me ne sto a suonare, punendomi nel profondo.

Ma poi, poi arriva di nuovo la notte, la musica si fa potente e il buio protegge i miei pensieri, scherma i miei occhi e mi rende inscalfibile. Non sono io, quello. Ma non so smettere. Fino a quando ci sarà musica dentro alle mie mani.

Avrei voluto incontrarla di giorno, in un giorno pieno di luce che non lasciasse scampo alla mia crudeltà.

Ma ora è già notte, di nuovo.
(racconto di Tania Piazza)

foto di Ivano Mercanzin - Photokina 2016 - Colonia

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