2016©Ivano Mercanzin
"UN RACCONTO NEL RACCONTO"
di Franco Gobbetti.
Sì, un racconto il tuo, Ivano e anche il mio, se tu permetti, in conseguente botta e risposta per trarne, se ci riesco, una piccola, possibile storia che già è qui, tutta presente nei suoi brillori in bianchi neri plastici desiderosi di raccontarsi. Storia surgiva ed obiettiva, nata istintivamente o intenzionalmente, chissà, da questa bella foto, un'anima narrante in attesa di uscire e farsi leggere e raccontare, se vuoi. Un commento o una recensione o una provocazione amichevole e affettuosa che vuole o vorrebbe approfittare di questo tuo stupendo lessico estetico e grafico offerto da un'immagine che emana spiriti, evocazioni, storia, cronaca e arte in chiaro scuri vaporosi d'acqua sinuosa ed insinuante e sospirante aria salata. La foto già racconto di per sè, fin da subito, nel suo fresco e lustro guazzo odoroso di salmastro mare, evoca vecchie storie di consunte pietre e antichi legni di navigli, pontili, attracchi ed ormeggi. Un tempo, un luogo, un paese isolano che vive con le radici nel mare, un ambiente che di per sè è già storia gloriosa e gratificante. Storia nella storia dunque. Orgoglio storico, fascino e desiderio di condivisione lirica, spirituale ma anche materica e concreta. Un'atmosfera intensissima gioca tra acqua e cielo entrambi modulanti umide voci e alcune figure in movimento, un'imbarcazione in fugace navigazione, alcuni scafi alla fonda d'ormeggio, un uomo, un cappello, un ombrello, alcuni muri e poi lo spazio urbano marinaro e marinaio.Il tutto appare e si esprime come su un palcoscenico in un taglio di luce diagonale quasi drammatico, anzi, dire proprio drammatico, nervoso, inciso e tirato visivamente all'inverosimile. Il cielo già basso tende a scendere ancora di più su questo squarcio lagunare, pesando immane e quasi rapace in questo taglio spiovente, corrucciato e sfrangiato nelle proprie evoluzioni di bassi e intensi nembi cotonosi sfilacciati, ancora custodi e forieri di prossima probabile pioggia. I pesci, le alghe, i fondali lagunari della Serenissima e le creature d'acqua e fango se ne stanno rintanati mentre le case immobili interpreti, testimoni come sempre di questa scenografia a cielo aperto, sembrano sfidare il tempo immane, il cielo eterno, l'occasionale pioggia e l'onnipresente, immancabile mare giuliano in compagnia di un vento sonoro che porta e riporta, linguaggi, fiati, sapori, echi, figure e voci nuove ma anche emozioni antichissime. Uno sparuto quanto solitario passante in occasionale controluce o quasi, sembra indugiare, rapito ma ben consapevole, a guardare, ad ascoltare questi suoni liquidi e lucidi di bagnato, come scure, brillanti pelli d'anguille, che rimbalzano da riva a riva, da canale a canale, di onda in onda, di casa in casa, di chiglia in chiglia per poi disperdersi più lontano in un affogare continuo e ripetuto appuntamento naturale tra nubi e onde d' Adriatico. Un quadro intriso di luce chiusa, plumbea ma nello stesso tempo anche inaspettatamente brillante, una luce quasi che schiocca per riflessi e luccicori brillanti, esplosa in varchi e vampe graffianti che sfiorano le ombre e le penombre diffuse del borgo marinaro. Il passeggiatore con cadenza amena e pacata, si presume da conoscitore dei luoghi, con il volto nell'aria, con il viso pieno d'aria e ventosa salsedine porta a spasso se stesso ma anche l'ombrello chiuso ed il cappello che sembra tenergli e contenergli i pensieri ben riparati e fissi, a prova di colpi di vento, ben calzato in testa. Il passo dell'uomo è lento, rilassato, si direbbe che procede con un passo che gusta e degusta, apprezzando. Non potrebbe essere altrimenti, in quanto se così non fosse non permetterebbe a quei suoi pensieri e allo sguardo di spaziare in quell'incanto urbano e marino al contempo, prettamente lagunare che per fortuna continua a ripetersi con sua e nostra profonda soddisfazione e incantata ammirazione. Cuore di terra e acqua salata. Profumo di sabbia, sale, pesce, legno bagnato, fango e anime marine. Un'isola che è al contempo paese riparato e anche ampio respiro aperto sull'antico mare che, come un anziano patriarca veglia sui suoi domini. Tecnica fotografica e stile narrativo a mio avviso pressochè perfetti, c'è sempre tanta bravura nel confezionare, rapire e fermare immagini e sensazioni così vibranti e toccanti.
Adoro il contrasto che hai donato a questo frame, c'è forza in ogni ombra che veste sia il luogo che la figura umana. Venezia dona infinite suggestioni, potremmo visitarla innumerevoli volte e scoprire in ogni occasione la sua capacità di essere tutto ed il contrario di tutto. La tua visione mi fa percepire il suo bisogno di sopravvivere alla natura che la circonda, al suo stesso destino, apprezzo quella cupezza apparente e la leggo come se fosse un'inspirazione profonda prima di raccogliere tutte le sue forze per rispondere al clima, all'acqua, agli esseri viventi che la abitano, mostrando il suo carattere silenzioso e malinconico ma per nulla rassegnato.
Paola Palmaro